• Inhaltsangabe

  • Nel momento in cui mia mamma è scomparsa, la mia vita è cambiata drasticamente. Il mondo ha perso ogni possibile significato e il dolore ha coperto ogni suo aspetto. Di fronte al dolore è emersa la necessità di trovare una risposta a domande a cui non non avevo mai tentato di rispondere. Come è possibile sopportare il dolore di un lutto? Che senso ha la morte? Per questo ho deciso di intraprendere un percorso in death education. Dopo un anno e mezzo, ho iniziato a tradurre l’esperienza del lutto con la danza e con la parola. Questo podcast è nato per condividere il mio viaggio di elaborazione del lutto e alcune riflessioni sul rimedio adottabile per oltrepassare l’angoscia della morte. Io sono Damiano e ti dò il benvenuto in “Lettere a mia mamma”. Vuoi scoprire di più sulla mia ricerca? Leggi il libro "Lettere a mia mamma" su Amazon Libri.
    @2023 Damiano Fina. Tutti i diritti riservati.
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  • Lettera dinnanzi al kakejiku
    May 6 2024
    In questa puntata leggo la lettera che ho scritto a mia mamma mentre osservavo un kakejiku: "Il canto di un volo riflesso, sulle acque del lago, viene sbirciato da un mazzo di rose. Il pino su cui si posa cambia dimensione, chinandosi sottosopra. Tra l’acqua e l’aria il suo corpo di terra è una scala che collega i mondi. Perdura l’ascolto di quell’eco eterno, abbellito di piume lunghe. È come se si potesse ascoltare una trisavola che richiama il suo futuro nipote. Tra le mani, così vicino al sogno, l’aroma del tè."
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    1 Min.
  • Da sempre e per sempre salvə
    Apr 29 2024
    Aveva ragione Giacomo Leopardi, ne La ginestra, a sottolineare la potenza consolatrice della poesia dinnanzi all’insensatezza dell’esistenza: “Or tutto intorno una ruina involve, dove tu siedi, o fior gentile, e quasi i danni altrui commiserando, al cielo di dolcissimo odor mandi un profumo, che il deserto consola”. Una forma d’arte che, apparentemente, non aveva ancora del tutto rinunciato alla propria funzione consolatrice ma che, essenzialmente, ne era già consapevole. La poesia, come la danza, è un bellissimo rimedio di fronte al dolore del lutto e all’angoscia della morte, ma è destinato a fallire. Mettiamo in luce la contraddizione che si cela dietro a questo pensiero. Chi è sofferente e cerca consolazione nelle arti (o in un altro rimedio) desidera che quello che crede possa smettere di essere ciò che è (il desiderato) e diventare ciò che non è (l’ottenuto, il non-desiderato). Il desiderare, quindi, si fonda sulla convinzione che l’esser sé dell’essente sia il diventar-altro dell’essente stesso. Il desiderare, quindi, si fonda sulla convinzione che sia possibile il diventar-altro degli essenti, che sia possibile per il mortale diventare immortale. Questa è la convinzione della volontà originaria che crede che tutte le cose del mondo divengano. Tuttavia, la filosofia testimonia l’impossibilità del divenire. È, infatti, impossibile che un essente diventi altro da sé.
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    7 Min.
  • Oltrepassare il dolore
    Apr 22 2024
    Da sempre guardiamo con interesse non solo al diventar-altro delle “cose” del mondo, ma anche a ciò che ci sembra non seguire il divenire e che si rivolge all’eternità e all’incorruttibilità dell’essente. Sin dai suoi albori, l’umanità ha intessuto i suoi miti e la sua filosofia con i moti perpetui del cielo. Disegnando le costellazioni tra le stelle, suonando e danzando i cicli delle stagioni, l’umanità ha sempre contemplato l’eternità di ciò che scompare e poi riappare, come il moto del Sole. Siamo da sempre abitati da dimensioni che oltrepassano quello che vediamo solo con i nostri occhi. Sin da quando siamo bambini, infatti, abitiamo mondi che varcano le soglie della mera fattualità. Grazie alla danza butō, mi è capitato più volte di stupirmi dinnanzi a queste esperienze di “espansione della coscienza”. Rimane indelebile, nella mia memoria, quella sensazione di sprofondare al centro della terra pochi giorni prima del funerale di mia mamma. Già da sempre e per sempre, infatti, abitiamo l’eternità. C’è infinitamente altro rispetto a ciò di cui facciamo esperienza e, all’infinito, siamo destinati a fare esperienza dell’infinitamente altro.
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    10 Min.

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